Texarkana, 1946 – La tranquilla città di confine tra Texas e Arkansas diventa teatro di una serie di crimini che scuoteranno la comunità e daranno vita a uno dei misteri più inquietanti della storia criminale americana. Il “Phantom Killer”, come verrà chiamato dai media, è responsabile di una serie di attacchi brutali che hanno lasciato un segno indelebile nella memoria collettiva.
Dal 23 febbraio al 3 maggio del 1946 una serie di omicidi e aggressioni violente interessarono la città e i dintorni di Texarkana, in Texas. Il killer, soprannominato Texarkana Phantom e The Moonlight Murder, fu accusato di aver aggredito otto persone, cinque delle quali furono uccise.
Le aggressioni
La prima aggressione avvenne il 22 febbraio 1946. Quella sera, intorno alla mezzanotte Jimmy Hollis e la sua ragazza Mary Jeanne Larey, parcheggiarono su una strada isolata, a circa 100 metri dall’ultima fila di case della città.
Poco dopo uno sconosciuto, con il volto coperto da una maschera bianca con dei fori all’altezza degli occhi e della bocca, si avvicinò allo sportello della macchina sul lato guidatore, accecando il ragazzo con la luce di una torcia.
Jimmy, credendo fosse uno scherzo gli disse che aveva sbagliato persona, l’uomo senza mezzi termini gli rispose “Non voglio ucciderti, amico, quindi fai quello che dico”, poi gli ordinò di scendere dall’auto.
I due giovani spaventati obbedirono e una volta fuori dalla macchina ordinò a Jimmy di togliersi i pantaloni, poi lo colpì violentemente alla testa con il calcio della pistola, fratturandogli il cranio e lasciandolo a terra privo di sensi.
Pensando che l’aggressore volesse derubarli Mary Jeanne gli mostrò il portafoglio del fidanzato per dimostrare che non avevano soldi, dopodiché fu colpita con un oggetto contundente. L’assalitore le ordinò di alzarsi ma la ragazza cercò di fuggire verso un fossato, dopo averla raggiunta la buttò a terra per poi violentarla con la canna della pistola.
Dopo l’aggressione Mary Jeanne fuggì a piedi verso una casa vicina da dove chiamò la polizia. Nel frattempo anche Jimmy, dopo aver ripreso conoscenza, riuscì a fermare un passante sulla Richmond Road. L’automobile lasciò il ragazzo sul posto e si diresse verso la stazione di polizia.
Dopo mezz’ora, quando lo sceriffo e altri tre ufficiali, arrivarono sul posto dell’aggressore non c’era più traccia. Ritrovarono solo i pantaloni di Hollis a non lontano dall’auto parcheggiata.
Nell’aggressione Mary Jeanne aveva riportato una ferita alla testa, mentre Jimmy aveva subito la frattura del cranio.
I due ragazzi quando furono interrogati fornirono informazioni contrastanti sul loro aggressore: la ragazza dichiarò che l’uomo indossava un cappuccio bianco sopra la testa e che dai fori degli occhi e della bocca si intravedeva che era un afro-americano. Jimmy al contrario, dichiarò che era un uomo bianco di circa 30 anni. Entrambi furono però d’accordo nel dire che era alto circa 1.80.
Le autorità non ritennero attendibili le loro dichiarazioni tanto che ipotizzarono che conoscevano l’identità dell’aggressore e lo stessero coprendo.
Un mese dopo vennero ritrovati i corpi di Richard Griffin e Polly Ann Moore all’interno della loro berlina, da un’automobilista di passaggio.
L’auto era parcheggiata vicino a un locale notturno chiamato Club Dallas poco fuori Texarkana. All’inizio l’automobilista pensò che entrambi dormissero. Il ragazzo era inginocchiato tra i sedili anteriori con la testa appoggiata sulle mani incrociate, mentre Polly era distesa a faccia in giù sul sedile posteriore. Entrambi erano completamente vestiti.
Richard era stato ucciso con due proiettili esplosi dietro la nuca. Della terra imbevuta di sangue vicino all’auto fece ipotizzare alla polizia che la coppia era stata uccisa fuori dalla macchina con un colpo alla nuca.
Sul luogo del delitto fu rinvenuta una cartuccia calibro 32. Le prove suggerivano che il colpo era stato esploso con una colt avvolta da una coperta.
Nessun rapporto della polizia riportò che i due ragazzi erano stati esaminati da un patologo.
Le indagini
In risposta ai due omicidi, fu avviata un’indagine in tutta la città, coadiuvata da altri dipartimenti di sceriffi e dall’FBI. Alle indagini presero parte anche sei Texas Rangers capitanati da MT “Lone Wolf” Gonzaullas.
Furono interrogati una cinquantina di testimoni, tra frequentatori e dipendenti del Club Dallas e offerta una ricompensa di 500$ per chi avesse fornito informazioni utili per portare all’arresto dei responsabili. Tuttavia la ricompensa non ebbe l’esito sperato, al contrario molti furono i falsi indizi forniti.
Fu intorno all’1.30 di domenica mattina 14 aprile che Betty Jo Booker e il suo amico Paul Martin furono visti vivi per l’ultima volta. Il corpo di Paul, che giaceva sul lato sinistro della strada di North Park Road, fu rinvenuto alcune ore dopo dai coniugi Weaver e dal loro figlio.
Gli avevano sparato quattro volte: al naso, dietro la schiena, nella mano destra e nella parte posteriore del collo.
Il corpo di Betty Jo fu trovato molte ore più tardi ad oltre 3 km dal corpo del ragazzo. Era distesa sulla schiena, completamente vestita, con la mano destra nella tasca del soprabito abbottonato. La ragazza era stata colpita due volte: al petto e al viso con la stessa arma usata per il primo doppio omicidio: una colt automatica calibro 32.
La Coupé Ford Club, con cui erano arrivati i ragazzi, era parcheggiata fuori dallo Spring Lake park con le chiavi ancora nel cruscotto. Le autorità non riuscirono a capire chi fosse stato colpito per primo, mentre l’esame dei corpi evidenziò che entrambi avevano intrapreso una dura lotta con l’assassino.
Le forze dell’ordine non rinvennero sulla scena del crimine il sassofono della ragazza. Lo strumento venne ritrovato sei mesi dopo ancora nella sua custodia, in un sottobosco vicino a dove era stato rinvenuto il corpo di Betty Jo.
Fu istituita una taglia di 1700$ per chiunque fornisse informazioni sui presunti responsabili degli omicidi Griffin-Moore e Martin-Booker e anche questa volta non si venne a capo di nulla.
Il 3 maggio, intorno alle ore 21.00, il serial killer tornò a colpire ancora, questa volta in una fattoria nella contea di Miller, a 16 km da Texarkana.
Virgil Starks, proprietario della tenuta era seduto in poltrona nel suo soggiorno e stava leggendo un giornale quando venne raggiunto alla testa da due colpi di pistola sparati attraverso una finestra. Katie, la moglie, che si trovava in camera da letto, sentendo gli spari, corse in salotto dove trovò il marito riverso sulla poltrona ormai già privo di vita. Spaventata cercò di raggiungere il telefono per chiamare i soccorsi. Il killer sparò di nuovo due colpi di pistola ferendola gravemente al viso.
Nonostante le ferite Katie riuscì a fuggire raggiungendo la fattoria vicina, dove fu soccorsa e portata in ospedale.
Lo sceriffo Davis, capo delle indagini, interrogò la signora Starks in sala operatoria. Dopo una falsa notizia apparsa sulla prima pagina di un giornale, lo sceriffo ascoltò nuovamente la donna che scartò la voce in circolazione secondo cui il marito aveva sentito un’auto fuori casa per diverse notti di fila e temeva di essere ucciso.
Il dipartimento della Contea di Miller fu avvisato pochi minuti dopo l’uccisione di Starks, immediatamente furono bloccati diversi km della Highway 67 East. Lo sceriffo Davis chiamò gli ufficiali di tutta l’area per aiutare nelle indagini, tra di loro c’erano anche due agenti dell’FBI, il capitano Gonzaullas e i Texas Rangers.
Nella casa gli investigatori trovarono una scia di sangue, probabilmente lasciata da Katie prima di fuggire. C’erano solo due fori di proiettile nella finestra, che portarono lo sceriffo a credere che l’arma usata fosse un fucile automatico.
Gli investigatori dichiararono che l’assassino dopo aver sparato a Virgil, aveva aspettato pazientemente fuori la finestra per sparare alla donna.
Sulla scena furono trovati solo tre indizi: il calibro dei proiettili, una torcia trovata nella siepe sotto la finestra e le impronte insanguinate in tutta la casa.
Lo sceriffo Davis dichiarò che, sebbene questo omicidio non potesse essere direttamente collegato al killer perché l’arma usata era una calibro 22, era comunque possibile che l’assassino fosse lo stesso uomo.
La torcia fu inviata a Washington per ulteriori controlli da parte dell’FBI. Sei giorni dopo l’omicidio, lo sceriffo Davis fu informato che la torcia trovata sulla scena dell’omicidio di Starks non conteneva impronte digitali.
Katie Starks l’unica vittima sopravvissuta non vide mai il volto dell’assassino, mentre Hollis e Larey furono gli unici a farne una descrizione, non si può quindi sapere se il killer indossasse una maschera durante le altre aggressioni.
Gli omicidi mandarono nel panico la città di Texarkana. Come scendeva la notte, gli abitanti si armavano pesantemente e si chiudevano in casa, mentre la polizia pattugliava strade e quartieri. Sebbene molte aziende perdessero clienti durante la notte, i negozi vendevano armi, munizioni, lucchetti e molti altri dispositivi di protezione. Diverse voci iniziarono a diffondersi, compreso che l’assassino fosse stato catturato o che fossero stati commessi altri omicidi.
La maggior parte degli abitanti di Texarkana si nascose all’interno delle proprie case, a volte lasciando anche la città e poiché erano considerevolmente nervosi e armati di pistole, Texarkana divenne un posto molto pericoloso.
L’opinione pubblica
La risonanza mediatica di questi omicidi scaldò l’opinione pubblica al punto che la Texarkana Gazette soprannominò il misterioso assassino “Texarkana Phantom”; gli altri giornali invece lo definirono “The moonlight murder” perché colpiva con la luna piena.
Il suo modus operandi era sempre lo stesso: aggrediva le giovani coppie in posti isolati appena fuori città, usando una pistola calibro 32, sebbene il calibro nell’omicidio Starks fosse un 22. Aggrediva sempre le sue vittime nel fine settimana, si solito a tre settimane di distanza e sempre di notte.
Furono quasi 400 le persone che nel corso delle indagini vennero arrestate poiché sospettate di essere il misterioso killer, ma mai nessuna venne formalmente accusata.
Il 7 maggio 1946 (quattro giorni dopo l’omicidio Starks) intorno alle 6 del mattino fu trovato il corpo di un uomo riverso sui binari della ferrovia a 26 km da Texarkana. Giaceva a faccia in giù all’interno dei binari, con un braccio e una gamba recisi dal passaggio del treno delle 5.30.
Il coroner sostenne che l’uomo, Earl Cliff McSpadden era già morto prima di essere stato messo sui binari. Lo sceriffo non accettò questa ipotesi, tanto che il medico legale effettuò una seconda autopsia, confermando la prima e aggiungendo ulteriori prove di omicidio.
L’uomo aveva un profondo taglio sulla tempia e numerose ferite da taglio sulle mani e polsi, segno che l’uomo aveva cercato di difendersi dalla persona che aveva un coltello.
Confermò inoltre che l’uomo era già morto da due ore prima del passaggio del treno. A sostegno della teoria del coroner furono le tracce di sangue trovate sulla strada vicino la scena del crimine.
Poiché anche questo omicidio restò irrisolto, i giornali locali ipotizzarono che McSpadden fosse la sesta vittima del Fantasma.
Un’altra voce di spicco ipotizzò che l’uomo era il fantasma e si era suicidato saltanto di fronte al treno, portando con sé i suoi segreti.
La svolta
Solo nel 1947 le indagini ebbero una svolta. L’agente di polizia Max Tackett fu informato che un’auto rubata la notte degli omicidi si trovava abbandonata in un parcheggio. Restò a piantonarla finché qualcuno non vi tornò: era una donna Peggy Swinney, che arrestò.
La donna si giustificò dicendo che la macchina era stata rubata dal marito Yonell Lee Swinney e che era ad Atlanta per vendere un’altra auto rubata.
L’uomo venne rintracciato e arrestato nella stazione degli autobus. Quando la polizia interrogò Peggy che accusò il marito di essere il Fantasma di Texarkana e di aver ucciso Paul Martin e Betty Jo Booker. La donna però cambiò molte volte i dettagli nelle sue accuse tanto che la polizia credette che stesse nascondendo notizie importanti per paura.
La confessione di Peggy fu molto discussa, sia perché nel 1946, per legge, la moglie non poteva testimoniare contro il marito, e sia per la sua inattendibilità come testimone.
Nonostante le scarse prove di colpevolezza venne processato, e dichiarato colpevole non per omicidio ma per furto d’auto. Nel 1947 fu condannato all’ergastolo nonostante non avesse mai confessato gli omicidi.
Nel 1970 Swinney chiese la sospensione della pena vista la scarsità di prove con cui era stato condannato. È solo dopo una seconda richiesta che venne liberato nel 1974.
Yonell morì il 15 settembre 1994, vent’anni dopo essere tornato in libertà.
A oggi il fantasma di Texarkana non ha ancora né un volto né un nome e il suo caso rimane negli archivi degli omicidi seriali irrisolti.
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