saponificatrice di Correggio

Leonarda Cianciulli: la saponificatrice di Correggio

Correggio, Italia, anni ’40 del XX secolo – In una piccola cittadina dell’Emilia-Romagna, si cela una delle storie più macabre e sconvolgenti della cronaca nera italiana. Leonarda Cianciulli, una casalinga e madre rispettata, si rivela essere un’assassina seriale, passata alla storia come la saponificatrice di Correggio. La sua storia è un intreccio di superstizione, omicidio e rituali macabri.

«Non ho ucciso per odio o per avidità, ma solo per amore di madre.»

Quasi tutto quello che si sa sulla Saponificatrice di Correggio è estratto dal suo memoriale, intitolato Confessioni di un’anima amareggiata, anche se sulla sua autenticità sono stati sollevati dei dubbi visto che aveva studiato solo fino alla terza elementare e difficilmente sarebbe stata in grado di redigere un memoriale di 700 pagine così particolareggiato.

Leonarda Cianciulli, ultima di sei figli, nacque a Montella, in provincia di Avellino il 14 aprile 1892. Secondo il memoriale della saponificatrice di Correggio la sua fu un’infanzia difficile, segnata dall’epilessia e dal presunto odio che la madre provava per lei.

«Ero una bambina infelice e desideravo morire. Cercai due volte di impiccarmi; una volta arrivarono in tempo a salvarmi e l’altra si spezzò la fune. La mamma mi fece capire che le dispiaceva di rivedermi viva. Una volta ingoiai due stecche del suo busto, sempre con l’intenzione di morire, e mangiai dei cocci di vetro: non accadde nulla.»

Il matrimonio

Nel 1917, all’età di 23 anni, sposò Raffaele Pansardi, impiegato dell’ufficio del registro, contro il volere della famiglia che aveva scelto per lei un altro marito.

La sua giovinezza venne segnata, stando al suo racconto, anche dalla maledizione che le scagliò la madre alla vigila del matrimonio e che andò a rafforzare la predizione che le fece una zingara: «Ti mariterai, avrai figliolanza, ma tutti moriranno i figli tuoi.»  Spaventata si rivolse a un’altra zingara, che le disse: «Vedo nella tua mano destra il carcere e nella sinistra il manicomio».

La vita coniugale di Leonarda fu in effetti funestata dal fatto che le prime 13 gravidanze finirono con 3 aborti spontanei e 10 neonati morirono nella culla. Infine, solo grazie all’intervento di una “strega”, la donna riuscì ad avere quattro figli, che divennero la sua unica ragione di vita. Si legò a loro in modo quasi morboso.

 «Non potevo sopportare la perdita di un altro figlio. Quasi ogni notte sognavo le piccole bare bianche, inghiottite una dopo l’altra dalla terra nera… per questo ho studiato magia, ho letto i libri che parlano di chiromanzia, astronomia, scongiuri, fatture, spiritismo: volevo apprendere tutto sui sortilegi per riuscire a neutralizzarli.»

Il trasferimento in Emilia

Nel 1930, in seguito al tragico terremoto dell’Irpinia, la loro casa venne rasa al suolo e la famiglia decise di trasferirsi a Correggio, in provincia di Reggio Emilia. Qui, grazie ai soldi del risarcimento statale concesso ai terremotati, Leonarda avviò un commercio di abiti e mobili usati, oltre ad offrire “servizi” di chiromanzia e astrologia.

Grazie ai guadagni extra di Leonarda, la famiglia Pansardi-Cianciulli poté assumere nel tempo due domestiche: Ardilia Diacci prima e Nella Barigazzi, poi. Le due giovani ragazze si rivelarono delle testimoni importanti dei fatti che accaddero in quell’appartamento. In particolare la Barigazzi, seppur con un ritardo, rivelò nuovi importanti retroscena. Ardilia invece, forse a causa di ciò che vide, fu internata in manicomio.

A Correggio Leonarda veniva considerata come una donna eccentrica ma comunque benvoluta e stimata da tutti. Accoglieva spesso ospiti in casa sua, al numero 11 di Via Cavour, intrattenendoli con aneddoti e dolci fatti in casa.

Il 1939, fu per la donna un anno funesto: venne abbandonata dal marito e Giuseppe, il figlio maggiore da lei prediletto, venne chiamato a prestare il servizio militare nonostante frequentasse l’Università. Bernardo e Biagio, invece, frequentavano il ginnasio, e Norma, l’ultima figlia, andava ancora all’asilo.

La minaccia dell’entrata dell’Italia in guerra era sempre più incombente e con questa anche la paura che il figlio maggiore potesse essere richiamato al fronte. Nella mente di Leonarda cominciarono a farsi strada pensieri sempre più tormentati al punto che decise che per salvare la vita dei suoi figli sarebbe dovuta ricorrere alla magia compiendo dei sacrifici umani.

Iniziò così a frequentare assiduamente tre donne, tutte sole e non più giovani, insoddisfatte della routine di paese e che avrebbero volentieri fatto qualsiasi cosa pur di cambiare le loro vite. Approfittando di questo loro desiderio e con la promessa di una nuova vita lontano da lì, Leonarda le attirò nella sua trappola. Da tutte e tre si fece firmare una procura con cui poteva vendere tutti i loro beni. Nessuno avrebbe cercato quelle povere donne: la Cianciulli le aveva convinte a non dire nulla a nessuno e a scrivere cartoline rassicuranti ai parenti, in cui annunciavano una partenza senza ritorno.

Fece parte dello schema anche l’uso di un pretesto per allontanare da casa le due domestiche, giusto il tempo necessario per uccidere le sue vittime e nasconderle momentaneamente nella “stanza oscura”, rigorosamente chiusa a chiave, dove ufficialmente si conservavano frutta e verdura grazie alla temperatura più bassa rispetto agli altri ambienti, ideale anche per conservare cadaveri per non più di due giorni.

Le vittime

La prima vittima si chiamava Faustina Setti, detta “Rabitti”, era una donna di settant’anni, semianalfabeta ma inguaribile romantica. Fu attirata da Leonarda con la scusa di averle trovato un marito a Pola. Le raccomandò di non parlarne con nessuno perché avrebbe potuto scatenare invidie e maldicenze.

Il giorno della partenza, il 17 dicembre 1939, Faustina si recò a casa dell’amica per salutarla e per firmare una delega che permetteva alla saponificatrice di Correggio di gestire i suoi beni dopo il suo trasferimento. Leonarda, inoltre, scrisse per la donna alcune lettere e cartoline indirizzate a parenti e amici, nelle quali Faustina diceva di stare bene e che tutto procedeva per il meglio, ricordandole di spedirle appena giunta a Pola.

Ma a Pola, Faustina non arrivò mai, perché venne uccisa a colpi di scure. Leonarda trascinò il corpo della donna in uno stanzino e lo sezionò in nove parti, raccogliendo in un catino il sangue che fece seccare e poi macinò aggiungendolo agli ingredienti per dei biscotti che fece assaggiare alle amiche in visita e ai familiari, incluso il figlio Giuseppe. Il resto del corpo venne sciolto nella soda caustica che bolliva in pentola sin da prima dell’arrivo della vittima. Sciolta la donna, scaricò il fluido viscoso in un pozzo.

Nel suo memoriale, scrisse:
«Gettai i pezzi nella pentola, aggiunsi sette chilogrammi di soda caustica, che avevo comperato per fare il sapone, e rimescolai il tutto finché il corpo sezionato si sciolse in una poltiglia scura e vischiosa con la quale riempii alcuni secchi che vuotai in un vicino pozzo nero. Quanto al sangue del catino, aspettai che si coagulasse, lo feci seccare al forno, lo macinai e lo mescolai con farina, zucchero, cioccolato, latte e uova, oltre a un poco di margarina, e mescolai il tutto. Feci una grande quantità di pasticcini croccanti e li servii alle signore che venivano in visita, ma ne mangiammo anche Giuseppe e io».

Qualche giorno dopo mandò il figlio Giuseppe fino a Pola affinché imbucasse le lettere per farle giungere ai destinatari e vendette gli indumenti della sfortunata donna.

La seconda vittima, Francesca Soavi, era un’insegnante d’asilo e anche lei sognava di andar via da Correggio, ma non sperava nel matrimonio e si sarebbe accontentata di trovare un nuovo impiego altrove. Cosa che Leonarda le promise: un lavoro nel collegio femminile di Piacenza. Francesca accettò con gratitudine.

Il 5 settembre 1940 Francesca raggiunse l’amica per salutarla. Leonarda la convinse a scrivere delle cartoline ai familiari per scusarsi dell’assenza e a spedirle da Correggio, per evitare di far conoscere la sua destinazione, almeno fino a quando non si sarebbe sistemata nella nuova città.

Posata la penna, Leonarda si avventò sulla donna con la sua scure, l’uccise e le rubò i pochi soldi che aveva nella borsa e, con la delega che e aveva firmato prima di morire, si fece carico di vendere tutte le sue cose tenendosi per sé la somma guadagnata. Fu il figlio Giuseppe a recarsi a Piacenza per spedire le lettere della povera Francesca.

La terza e ultima vittima fu la vedova Virginia Cacioppo, un’ex-cantante lirica costretta a vivere in miseria. A lei Leonarda le propose un incarico a Firenze, come segretaria di un misterioso dirigente teatrale che, magari, avrebbe potuto reintrodurla nell’ambiente. La pregò, come di consuetudine, di non farne parola con nessuno, ma la promessa venne infranta: Virginia si confidò con un’amica la mattina stessa della sua “partenza” dalla quale non tornò più. Era il 30 settembre 1940.  Leonarda Cianciulli, di tale circostanza, scriverà nel suo memoriale:

«Finì nel pentolone, come le altre due (…); ma la sua carne era grassa e bianca: quando fu disciolta vi aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle saponette cremose. Le diedi in omaggio a vicine e conoscenti. Anche i dolci furono migliori: quella donna era veramente dolce.»

Nel 1941 cominciarono a diffondersi voci sulla scomparsa delle tre donne. Fu la signora Albertina Fanti che, insieme ai fratelli, non ricevendo più da tempo notizie della cognata Virginia, ne denunciò ufficialmente la sparizione al questore di Reggio Emilia. Contestualmente la Fanti riferì anche la sparizione di titoli bancari per un valore di oltre 30.000 lire, che a quell’epoca erano davvero una cifra notevole. Dopo alcune indagini l’uomo seguì le tracce di un Buono del Tesoro appartenente alla Cacioppo presentato al Banco di San Prospero dal parroco di san Giorgio, a Correggio.

Convocato dal questore, il prete disse di aver ricevuto il buono da Abelardo Spinarelli che, a sua volta, dichiarò di averlo ricevuto dalla saponificatrice di Correggio per il saldo di un debito.

I sospetti ricaddero subito su Leonarda, l’unica ad aver intrattenuto rapporti di amicizia con tutte e tre le donne scomparse. Venne così interrogata ma respinse ogni accusa e minacciò di denunciare per ingiuria, assumendo toni di sfida, gli inquirenti, cosicché venne arrestata.

Le perquisizioni nella casa della saponificatrice di Correggio

La casa della donna venne perquisita una prima volta il 1° marzo del 1941 e vennero rinvenuti alcuni oggetti appartenenti alle donne scomparse, mentre presso una sarta di Correggio furono ritrovati i loro abiti che la Cianciulli le aveva chiesto di riadattare alle sue misure.

Il 6 aprile una seconda e molto più accurata perquisizione della casa della donna portò al ritrovamento di accette, martelli e seghetti con tracce di sangue. Fu proprio la testimonianza di Nella Barigazzi che donò alla vicenda atmosfere horror, facendo sospettare agli inquirenti che la saponificatrice di Correggio aveva fatto sparire i cadaveri delle sue vittime facendoli bollire e usandoli per produrre sapone.

Gli inquirenti però non riuscirono a credere che una donna anziana, moglie di un funzionario, alta 1,50 per 50 chili di peso, potesse macchiarsi di tre omicidi così efferati facendo tutto da sola. Ipotizzarono quindi che un complice l’avesse aiutata a compiere i delitti, se non durante l’assassinio ameno durante la distruzione e occultamento dei poveri resti. A spostare il calderone ci voleva una certa forza.

Il sospettato numero uno fu il figlio Giuseppe, Peppuccio come lo chiamava la madre, che al processo dichiarò di aver spedito le lettere, senza però sapere la verità. Poiché gli altri figli erano insospettabili, Giuseppe, il discreto, educato, umile, studioso figlio, aveva degli alibi un po’ “forzati” che però gli permisero di scontare solo cinque anni di reclusione poiché venne rilasciato per insufficienza di prove.

Così Giuseppe fu libero di trasferirsi con la famiglia a Genova, dove si sposò e lavorò come insegnante.   Nella Barigazzi, la domestica, rivelò solo dopo 63 anni durante un’intervista, che Giuseppe portava con sé nei suoi viaggi di lavoro a Milano una valigia troppo pesante quando usciva e completamente leggera quando tornava. Un giorno spinta dalla curiosità l’aprì e scoprì del sangue che impregnava la stoffa. Secondo il racconto della donna, fu Giuseppe a sbarazzarsi della testa di Francesca Soavi. Questo spiegava in parte che fine avessero fatto le tre vittime di casa Pansardi-Cianciulli.

La saponificatrice di Correggio davanti al commissario Serrao si dimostrò molto reticente e rivelò i particolari degli omicidi un po’ alla volta: dichiarò di aver ucciso la Cacioppo d’accordo con Spinarelli, di aver distrutto il cadavere tramite la saponificazione e di aver gettato i resti nel canale di Correggio. Solo dopo lunghi interrogatori confessò di aver ucciso anche le altre due vittime.

«Ebbene me le ho mangiate le mie amiche, se vuole essere mangiato anche lei, son pronta a divorarlo […], le scomparse me le avevo mangiate una in arrosto, una a stufato, una bollita.»

Il processo

Il 12 giugno 1946 a Reggio Emilia si aprì il processo nel quale emerse un interessante punto di dibattito: mentre l’accusa sosteneva che Leonarda aveva agito per pura avidità, lei s’intestardì a giustificare i suoi omicidi come un tributo di sangue per aver salve le vite dei suoi figli.

Intenzionata a difendere il figlio Giuseppe con tutte le sue forze dichiarò, «Tagliai qui, qui e qui: in meno di 20 minuti tutto era finito, compresa la pulizia. Potrei anche dimostrarlo ora». Disposta a far vedere come si faceva a pezzi un cadavere in poche mosse.

La condanna della saponificatrice di Correggio

Il 20 luglio 1946 la saponificatrice di Correggio venne ritenuta colpevole dei tre omicidi, del furto delle proprietà delle vittime e del vilipendio dei cadaveri. Fu condannata al ricovero per almeno tre anni in un manicomio criminale e a trent’anni di reclusione.

Leonarda entrò in manicomio e non ne uscì più. Per un lungo periodo venne internata nel manicomio criminale di Aversa dove scrisse il suo memoriale Confessioni di un’anima amareggiata, in oltre 700 pagine narrò la sua vita, gli omicidi e gli smembramenti. Anche se ricamò molto di fantasia creando quasi un romanzo.

Lavorò anche all’uncinetto e cucinò biscotti. Ricevette regolarmente le visite dei figli e in occasione di visite istituzionali pretendeva di essere lei a fare il discorso di benvenuto.

Le ultime foto la ritraggono come una vecchia e dolce maestra, con il camice grigio, il colletto di pizzo bianco e un paio di occhiali tondi.

In seguito venne trasferita nel manicomio giudiziario femminile di Pozzuoli. Continuava a ricevere le visite dei figli e intratteneva una vivace corrispondenza con i curiosi che avevano il coraggio di scriverle.

Continuò anche a qui i suoi lavori all’uncinetto e a cucinare biscotti offrendoli alle altre detenute che però non avevano il coraggio di assaggiarli, come ricorda una suora che lavorava in manicomio:

«Malgrado gli scarsi mezzi di cui disponevamo preparava dolci gustosissimi, che però nessuna detenuta mai si azzardava a mangiare. Credevano che contenessero qualche sostanza magica.»

Fu tutto sommato una detenuta cordiale e socievole, ingannava il tempo leggendo le carte a tutti, oltre che a sé stessa, dicendo spesso che sarebbe tornata libera nel 1970.

E così fu, in un certo senso. Leonarda morì infatti il 15 ottobre 1970 all’età di 77 anni per apoplessia cerebrale. La saponificatrice di Correggio venne sepolta nel cimitero di Pozzuoli in una tomba per poveri.

Nel 1975, al termine del periodo di sepoltura, visto che i figli non ne reclamarono il corpo, i resti vennero traslati nell’ossario comune.

Il martello, il seghetto, il coltello da cucina, le scuri, la mannaia e il treppiede, cioè gli strumenti di morte usati dalla saponificatrice di Correggio per compiere i tre omicidi, sono conservati dal 1949 nel Museo criminologico di Roma.

@menticriminali Se vuoi ascoltare la puntata completa segui il link in bio! #serialkiller #truecrime #truecrimetok #truecrimetiktoker #truecrimetiktok #serialkillerpodcast #serialkillerfact #serialkillertok #crimetok #murdertok #killer #crimestory #fy #fyp #foryou #viral #assassiniseriali #leonardacianciulli #saponificatricedicorreggio ♬ suono originale – Menti criminali.it

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