Novokuznetsk, Russia, anni ’90 – In una città industriale della Siberia, la tranquillità quotidiana viene interrotta da una serie di rivelazioni agghiaccianti che sconvolgono l’intera nazione. Alexander Spesivtsev, un nome che evoca terrore e raccapriccio, emerge come uno dei più brutali serial killer della Russia moderna, lasciando dietro di sé un’eredità di orrore e mistero.
La storia
Alexander Spesivtser, noto anche come “il cannibale siberiano”, è un serial killer di origini russe, condannato per aver ucciso, mutilato e cannibalizzato quattro persone, con l’aiuto dalla madre Lyudmila. Ma nella realtà dei fatti le sue vittime sono state molte di più: diciannove secondo la sua confessione, più di ottanta secondo gli inquirenti.
Alexander Spesivtser è nato il 1° marzo 1970 nella città siberiana di Novokuznetsk. La sua famiglia era tra le più povere della zona e viveva in una casa abusiva alla periferia della città, dove Alexander crebbe segnato dal carattere violento del padre, che era solito picchiare e torturare tutta la famiglia. Durante l’infanzia, venne considerato asociale, non aveva amici ed era vittima di bullismo. Mentre sua madre, Lyudmila, era molto affettuosa nei suoi confronti.
Crescendo assunse il soprannome di Sasha e mostrò diverse volte atteggiamenti violenti che richiesero l’intervento delle autorità.
Nel 1988 Sasha incontrò la sua prima ragazza. All’inizio tutto sembrava andare per il meglio, ma dopo poco tempo il rapporto tra i due si incrinò al punto che la ragazza decise di lasciarlo. Il giovane non lo accettò e decise di rapirla, la tenne nascosta nella sua casa per un mese torturandola fino a che non morì. Per questo crimine fu rinchiuso in un istituto psichiatrico dal quale fu rilasciato nel 1990.
Dopo la scarcerazione tornò a vivere con la madre e un dobermann molto aggressivo. Una volta fuori, iniziò a frequentare vagabondi e mendicanti, sviluppando un odio profondo per i bambini di strada che considerava un sotto prodotto dell’emergente democrazia russa.
Sasha e Lyudmila erano molto riservati e nessuno immaginava che il loro appartamento fosse una vera e propria casa degli orrori. Il ragazzo e sua madre adescavano soprattutto ragazzine, nei quartieri più poveri della città, con la promessa di cibo a denaro in cambio di qualche piccolo lavoretto.
Nonostante più volte vennero segnalate, nei sobborghi di Novokuznetsk, scomparse di minori disagiati la polizia si limitava a indagini superficiali presto chiuse con un “nulla di fatto”.
Il sospetto che nella zona ci fosse un assassino seriale sorse nel 1995, quando cominciarono ad apparire parti di corpi umani sulle sponde del fiume Aba, che correva vicino alla scuola dove abitavano Sasha e Lyudmila.
Un secondo campanello d’allarme fu quello dei vicini che nel giugno di quell’anno si lamentarono per la musica assordante proveniente dall’appartamento e per l’odore nauseabondo nei suoi pressi, ma anche in quel caso Sasha se la cavò denunciando la rottura di una tubatura fognaria.
Oltre alla superficialità della polizia, Sasha poté contare anche sull’estrazione sociale delle sue vittime che erano perlopiù orfani e senzatetto di cui nessuno denunciava la scomparsa, pertanto rimase libero di uccidere almeno sino al 1996.
Quando ci fu davvero un guasto all’impianto idraulico del palazzo, si scoprirono gli abomini di Sasha Spesivtser. I vicini furono costretti a chiedere l’intervento di due idraulici che, smontando alcune tubature, scoprirono alcuni pezzi di carne e ossa che si rivelarono umane.
Secondo loro il guasto si era originato nell’appartamento dove vivevano Sasha con la madre e fu naturale per le autorità indagare presentandosi alla loro porta.
Quando i poliziotti entrarono nell’apparta mento si trovarono davanti ad una scena più spaventosa di un film horror, moltissime macchie di sangue coprivano le pareti, in cucina c’erano ciotole con pezzi di corpi umani e nella vasca da bagno giaceva un corpo mutilato e senza testa e nel soggiorno una cassa toracica.
Sul divano della sala da pranzo era distesa una ragazzina di 15 anni, Olga Galtseva, presentava diverse coltellate allo stomaco, era ancora viva e venne trasportata in ospedale, dove morì alcune ore dopo a causa delle ferite riportate. Olga riuscì però a raccontare la sua esperienza e disse che insieme a lei c’erano due ragazze di 13 anni.
Avevano aiutato Lyudmila a portare le borse della spesa nell’appartamento in cambio della promessa di una piccola paghetta, ma una volta all’interno furono intrappolate da Sasha e tenute in gabbia con a guardia un dobermann.
La madre aveva attirato con l’inganno te ragazze nell’appartamento, dove poi lui le aveva violentate e picchiate, e dopo aver ucciso la prima ragazza, aveva costretto le altre due a farla a pezzi nella vasca da bagno, dopodiché la madre cucinò le parti del corpo per cena e costrinse le ragazzine a mangiare la loro amica.
Terminata la cena, una delle due ragazze fu sbranata dal dobermann di casa Spesivtser, l’incubo per Olga finì quando Sasha, sentendo aprire le porta, fuggì via dal balcone, venendo poi catturato una settimana dopo mentre tentava di violentare una donna nell’appartamento in cui si era intrufolato di nascosto.
L’arresto e il processo
Alexander e Lyudmila Spesivtser vennero arrestati e finirono sotto processo, ma nuovamente la giustizia venne amministrata in maniere superficiale.
Spesivtsev aveva tenuto un diario in cui aveva annotato dettagliatamente alcuni dei suoi crimini e negò le sue azioni quando venne catturato. Tuttavia, confessò solo diciannove omicidi e si vantò di crimini che non poterono essere provati. Alexander affermò che gli omicidi da lui perpetrati erano il punto di partenza per “ripulire” la società perché quei bambini, nella loro povertà, non avevano alcun futuro se non peggiorare le condizioni economiche del paese.
Lyudmila invece si chiuse in sé stessa e non disse mai una parola dal momento del suo arresto fino alla fine del processo.
Durante la perquisizione dell’appartamento dei due serial killer, vennero trovati almeno ottanta vestiti insanguinati, gioielli e alcune foto di persone sconosciute, forse vittime non provate.
Gli esperti di polizia successivamente conclusero che gli indumenti appartenevano alle diciannove vittime. Spesivtser venne giudicato colpevole di tutti e diciannove gli omicidi e condannato a morte, ma il 5 ottobre 1999, in seguito a una perizia psichiatrica, la pena fu commutata con una condanna a vita in un ospedale psichiatrico.
Sua madre negò tutte le accuse, ma fu condannata al carcere a vita.
Oggi Alexander Spesivtser trascorre tutto il suo tempo a scrivere poesie sui mali della democrazia.
Nel corso degli anni ha già tentato due volte di vendere la sua testa a un istituto scientifico affinché studiasser o il suo cervello dopo la sua morte, la cosa curiosa è che ha chiesto di essere pagato in anticipo in sigarette.
Oggi l’appartamento al nono piano del civico 357 di Novokuznetsk è abbandonato e ancora permeato di un inquietante odore di morte. È occupato da circa un centinaio di piccioni che secondo alcuni, altro non sono che le anime degli innocenti uccisi da Alexander con la complicità di sua madre.
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