Callisto Grandi

La sconcertante vicenda di Callisto Grandi: tra leggenda e realtà

Toscana, Fine Ottocento – La storia di Callisto Grandi, conosciuto come “Carlino” e tristemente soprannominato “Ammazzabambini”, emerge dalle pagine della cronaca come un capitolo oscuro e perturbante, intriso di elementi che lo avvicinano più a una narrazione gotica che a una serie di fatti realmente accaduti diventando uno dei casi eclatanti della storia del crimine.

La storia di Callisto Grandi

La storia di Callisto Grandi sembra tratta da un romanzo o una favola dark, ed è talmente singolare che, se non fosse stata riportata nelle cronache del tempo, sembrerebbe nata dalla penna di qualche scrittore. I fatti si svolsero in un piccolo paese della campagna toscana che, per quanto piccolo potesse essere diventava il mondo di chi vi abitava. Callisto Grandi non fece eccezione.

Il suo curriculum è particolarmente inquietante: tra il 1873 e il 1875 uccise quattro bambini, secondo quelle modalità che sembrerebbero caratterizzare l’omicidio seriale. Sebbene il suo modus operandi fosse costante e preciso, comportamento tipico di un Serial Killer organizzato, la scelta dell’arma improvvisata lo dipingeva come un Serial Killer disorganizzato.

Non era spinto da parafilie specifiche. Non era la sfera sessuale a dettare i suoi omicidi ma, in base alle sue dichiarazioni le uccisioni sembravano strettamente correlate al suo forte desiderio di vendetta.

Callisto Grandi, detto Carlino, nacque a Incisa Val d’Arno nel 1849, orfano e senza una vita sentimentale, aveva solo il suo lavoro di carradore, riparava e costruiva carri nella bottega dove lavorava con il fratello e il cognato.

Dalle cronache dell’epoca traspare l’immagine di un uomo non molto alto, calvo, con la testa sproporzionata rispetto al corpo, presentava anche un’esadattilia in un piede.

In paese tutti lo consideravano un sempliciotto un po’ strano, ma innocuo.

La storia che lo vede protagonista iniziò quando alcuni ragazzini del paese si intrufolarono nella sua bottega per prendersi gioco di lui e fargli degli scherzi, inconsapevoli che stavano innescando una bomba pronta a esplodere.

Callisto, esasperato da quelle burla, andò a lamentarsi sia con il sacerdote che con il maestro del paesino ma nessuno gli dette ascolto, tanto che alla fine decise di farsi giustizia da solo.

Gli omicidi di Callisto Grandi

La follia, infatti, esplose ma in modo lucido e ragionato: Callisto meditò la sua vendetta con calma e poi, per quattro volte uccise.

Ognuna delle piccole vittime, secondo l’uomo aveva una colpa che doveva essere punita con la morte. Gli scherzi di quei ragazzini, seppure dettati dall’ingenua cattiveria infantile, determinarono una reazione inattesa che dimostrò come era misterioso l’universo delle psiche umana.

Fingendo di non provare alcun astio nei confronti dei suoi piccoli carnefici, riuscì a portarli, uno alla volta, all’interno della bottega offrendo loro giocattoli e, in alcuni casi, anche del denaro.

Il modus operandi non era sempre lo stesso: Callisto utilizzò vari metodi per uccidere quei bambini e mettere fine alle angherie che doveva sopportare: una palata dietro la schiena, o schiacciati con la ruota di un carro o strozzati con un laccio.

Solo una cosa non cambiava: quando entravano la loro tomba era già stata preparata: si trattava di una piccola fossa, non molto profonda scavata nel pavimentodel sottoscala.

Il primo a venir ucciso da Callisto fu Luigino Bonechi, un bimbo di 4 anni, figlio del muratore Anacleto e di Assunta Bonechi. Era il 18 marzo 1873 quando il piccolo scomparve. Le ricerche fatte dai genitori e aiutati dai compaesani, nei dintorni, e specialmente lungo le rive dell’Arno, non portarono a niente e si pensò che il bimbo fosse caduto nel fiume e il suo corpo trascinato via.

Ma in realtà venne seppellito nel sottoscala della bottega, dove vennero rinvenuti i suoi resti due anni dopo la morte.

La sua seconda vittima fu Arturo degli Innocenti, anche lui aveva 4 anni quando scomparve il 2 febbraio 1875. Anche questa scomparsa venne attribuita al fiume.

Il 21 agosto dello stesso anno scomparve un terzo bambino, più grande degli altri, Fortunato Paladini, 9 anni, figlio di Fortunato e Maddalena Daviddi, anche lui svanito nel nulla senza un motivo apparente. Il cappellino del ragazzino venne trovato lungo una strada che portava verso l’Arno. Ma non poteva essere stato il fiume a farlo sparire perché era quasi in secca.

Così iniziarono ad aleggiare i dubbi nel paese dando corpo a voci e dicerie che vennero confermate quando il girono dopo scomparve un altro bambino quasi sotto gli occhi del paese che era intento nelle ricerche di Fortunato. Angiolo Martelli, aveva 7 anni quando svanì nel nulla.

A tradire il Grandi non furono le piccole fosse come egli credette, ma il mancato omicidio di quella che sarebbe dovuta essere la sua quinta vittima: Amerigo Turchi di 9 anni. Ma quel 29 agosto l’Ammazzabambini fece male i suoi calcoli.

Erano le ore 11 del 29 agosto 1875. La famiglia Turchi stava per mettersi a tavola, mentre la madre Rachele accudiva alle faccende domestiche, Amerigo scese di corsa in strada. Dopo una manciata di minuti la madre lo richiamò, ma non ebbe risposta. La donna mise in allarme la famiglia che si riversò in strada alla ricerca di Amerigo.

Giulia Monsecchi, una ragazzina di 14 anni, si fermò davanti la porta della bottega di Callisto Gradi attirata dalle urla che arrivavano dal suo interno. Venne dapprima raggiunta dalla madre Argenta e poi dalla famiglia di Amerigo.

La porta della bottega venne sfondata e il bambino salvato in extremis prima di venire schiacciato da una pesante ruota. Colto in flagranza di reato, Carlino si giustificò dicendo che il bambino si era ferito cadendo su una ruota, e subito si allontanò verso casa. Ma Amerigo, singhiozzante, raccontò un’altra storia: Carlino l’aveva invitato ad entrare nella sua bottega con la scusa di giocare a nascondino. Mentre era disteso a terra per nascondersi in una buca, era stato colpito e coperto di terra, ma era riuscito miracolosamente a rialzarsi, gridando, chiedendo aiuto e implorando Carlino di fermarsi.

Il racconto del bambino diede conferma ai terribili sospetti che aleggiavano in paese. I genitori dei ragazzi scomparsi scavarono nella bottega portando alla luce i resti dei quattro bambini di cui si erano perse le tracce che vennero riconosciuti subito dai genitori. Dovette intervenire la forza pubblica per impedire il linciaggio di Callisto Grandi.

Il processo a Callisto Grandi

“Carlino” aveva all’epoca 24 anni, fu processato il 18 dicembre 1876. Confessò gli omicidi, disse che aveva agito perché i ragazzi lo prendevano in giro per la sua bassa statura e poi gli facevano dei dispetti.

Tra i torti subiti, il Grandi ricordò quello messo in alto dalla vittima più piccola: “Uno mi tinse il viso col pennello e stetti col viso tinto per tre giorni perché era tinta ad olio […]. Una sera venne nella mia bottega ed io avevo fatto una buca apposita nel sottoscala in modo da mettercelo appena mi capitava in bottega. Mi capitò, lo portai là nella buca, lo gettai giù e lo coprii di terra e sopra ci misi la legna.”

Nelle dichiarazioni di Callisto Grandi, si potrebbe individuare un esempio di serial killer organizzato che, secondo la moderna criminologia, è un criminale in genere dotato di una certa intelligenza, con buoni rapporti sociali che sa pianificare con cura i delitti, selezionando le vittime e i luoghi e senza lasciare nulla al caso.

Mentre la personalità di Callisto Grandi appare, in realtà, difficilmente identificabile ad una specifica categoria criminale e, a tale difficoltà, contribuiscono alcune sue dichiarazioni riferita a una delle vittime: “Un altro venne nella mia bottega il giorno di San Giuseppe. Mi fece la birichinata di versarmi tre libre di tinta. Gli detti una palata, lo ammazzai e lo seppellii in bottega, nello sterrato. A fare la buca ci mettevo poco perché era terra morbida.”

In Tribunale il nodo della questione si concentrò sulla sanità mentale dell’imputato e i giudici si avvalsero di ipotesi interpretative allora piuttosto diffuse, come la relazione tra l’aspetto fisico e quello psichico.

I tre periti interpellati arrivarono a tre conclusioni differenti: due psichiatri dichiararono l’imputato infermo mentalmente e comunque non in grado di intendere o volere, mentre il terzo perito diede la colpa addirittura agli atteggiamenti collettivi dei bambini che avevano scatenato un individuo predisposto alla violenza.

La condanna di Callisto Grandi

Dall’altra parte, l’opinione pubblica chiedeva la massima condanna, perciò la giustizia decise per una soluzione a metà tra le due strade: Grandi venne condannato a venti anni di lavori forzati, dopo i quali finì la sua vita in manicomio.

La pena inflitta sembro inadeguata allo stesso Grandi che dichiaro: “Se ero pazzo non dovevo essere messo in carcere ma in un manicomio; se non lo ero, come risultavo dal processo, sarei dovuto essere rilasciato dopo aver espiato la pena.”

Callisto dopo avere scontato 20 anni al carcere delle Murate a Firenze chiese ospitalità a Montedomini, rifugio per i derelitti, ma non venne accettato. Morì al Manicomio di San Salvi nel 1911.

Il processo e la sentenza ai danni di Callisto Grandi sono passati alla storia come un esempio dell’incompatibilità tra la macchina giudiziaria e la psichiatria forense.

Callisto Grandi è oggi ricordato come “Ammazzabambini”, soprannome che testimonia i crimini commessi che non lo hanno liberato ma che lo hanno trascinato verso il fondo di quel baratro fatto di dolore e infelicità che lo ha accompagnato per tutta la sua vita.

@menticriminali Se vuoi ascoltare la puntata completa segui il link in bio! #serialkiller #truecrime #truecrimetok #truecrimetiktoker #truecrimetiktok #serialkillerpodcast #serialkillerfact #serialkillertok #crimetok #murdertok #killer #crimestory #fy #fyp #foryou #viral #assassiniseriali #menticriminali #callistograndi #lammazzabambini ♬ suono originale – Menti criminali.it

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